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IL REATO DI ECOCIDIO
Con il trattato internazionale conosciuto come Statuto di Roma è stata fondata nel 1998 la corte penale internazionale, un tribunale sovranazionale chiamato a giudicare la responsabilità di singoli individui per i crimini di guerra, genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di aggressione.
Questo organismo trova le sue radici nelle atrocità perpetrate durante la seconda guerra mondiale che portarono allora all'istituzione dei Tribunali internazionali di Norimberga e di Tokyo: da allora l'importanza di creare organismi internazionali in grado di garantire e tutelare la pace mondiale divenne sempre più evidente e portò alla creazione di questo Tribunale operante dal 2002.

Ma ultimamente sono sempre di più le voci che chiedono che venga inserito nella giurisdizione della Corte anche il crimine di 'ecocidio' intendendosi questo un grave danno all'ambiente tale da impedire o pregiudicare il godimento del territorio da parte degli esseri viventi.
Il primo a parlarne ufficialmente è stato l'ambasciatore di Vanuatu presso l'Unione europea a seguito del pericolo di inabissamento del suo Paese a causa del riscaldamento globale causato dalle attività delle altre nazioni. Ma anche Papa Francesco ha chiesto che l'ecocidio venga riconosciuto come un crimine dalla comunità internazionale, e anche Greta Thunberg ha sostenuto la causa, donando 100.000 euro alla Fondazione Stop Ecocide.

Già ora la corte può interessarsi di danni ambientali ma solo se correlati ai crimini suddetti, quindi in occasione di guerre o aggressioni, e sempre che comportino danni relativi all'essere umano.
Quindi rimangono non puniti se non secondo le varie e spesso lassiste legge nazionali gravi danni come ad esempio fuoriuscite di petrolio, contaminazione di acque profonde , allevamento industriale di bestiame e distruzione di habitat protetti.
Ma aggiungendo un quinto reato di ecocidio allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, gli autori di distruzione ambientale sarebbero improvvisamente passibili di arresto, persecuzione e reclusione.

È bene chiarire prima che la responsabilità fatta valere nella Corte penale internazionale è individuale, non si può chiamare a rispondere Nazioni o anche società private: tuttavia non viene richiesta il compimento materiale del crimine per costituire il crimine ma è sufficiente che venga provato che l'azione è stata ordinata dal soggetto che aveva il potere gerarchico di produrla. Ad esempio un capo di stato nel caso di aggressione bellica. Quindi aggiungendo il reato di di ecocidio allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale anche l'amministratore delegato di una società o il presidente di una Nazione colpevoli di tale crimine sarebbero improvvisamente passibili di arresto, persecuzione e condanna. Alcuni paesi già si stanno muovendo in tal senso all'interno delle proprie legislazioni nazionali: in Francia all'inizio di quest'anno, più del 99% dell'assemblea dei cittadini francesi, un gruppo di 150 persone selezionate a sorte per guidare la politica climatica del paese, ha votato per rendere l'ecocidio un crimine . Ciò ha spinto Macron ad annunciare che il governo si sarebbe consultato con esperti legali su come incorporarlo nella legge francese. Ma è andato oltre. "La madre di tutte le battaglie è internazionale: per garantire che questo termine sia sancito dal diritto internazionale in modo che i leader ... siano responsabili dinanzi alla Corte penale internazionale", ha risposto all'assemblea.
i due partiti Verdi del Belgio hanno introdotto un disegno di legge sull'ecocidio che propone di affrontare la questione sia a livello nazionale che internazionale - un'idea che ha anche il sostegno dei parlamentari svedesi.

Tuttavia anche qualora in futuro dovesse essere inserito l'ecocidio nelle competenze della Corte Penale internazionale i crimini contro la Natura, in particolare quello contro gli animali difficilmente scomparirebbero. Infatti come detto non si potrebbero comunque perseguire le società private in quanto tali ma solo i singoli amministratori o presidenti responsabili; sarebbe inoltre difficile fermare quei danni ambientali pianificati dalla volontà di una nazione per ad esempio l'aumento di infrastrutture necessarie o per finalità di sviluppo economico. Soprattutto fintanto che i diritti degli animali in quanto soggetti di diritto non vengano riconosciuti.

Ma allora quali fattispecie dovrebbero essere ricomprese in questo crimine di ecocidio? Secondo alcuni attivisti tutto ciò che comporta una distruzione irreparabili di ecosistemi, secondo altri quando si realizzano comportamenti dolosi o colposi dannosi per l'ambiente senza necessit&earave; indipendentemente dalla estensione del danno. Per chiarire la fuoriuscita di petrolio da una nave per effetto di scarsa manutenzione rappresenterebbe ecocidio, oppure la pesca intensiva che non rispetta gli standard internazionali come quella di cui ho parlato nel focus di due settimane da parte della cina nella riserva naturale delle Galapagos, o anche gli allevamenti industriali che oltre a rappresentare la peggiore atrocità contro i diritti degli animali comporta un consumo eccessivo delle risorse naturali sempre più scarse.

A mio avviso visto che la Corte già può condannare per reati ambientali ma solo se commessi durante crimini di aggressioni o di guerra sarebbe innanzitutto utile inserire o la competenza dell'ecocidio anche in stati non di guerra oppure configurare come crimine contro l'umanità comportando cioè l'azione contro la Natura un atto di guerra.
Rimarrebbero però fuori tutte le azioni che comportano danno esclusivo ad animali, piante e ambiente senza rappresentare un danno non necessario agli uomini. In altre parole se uno Stato decide di distruggere una intera foresta per creare una città per dare alloggio ad una popolazione umana in crescita non potrebbe ravvisarsi reato di ecocidio. L'unica vera svolta sarebbe riconoscere il diritto all'esistenza di tutte le forme viventi, costringendo per tornare all'esempio di prima il trasferimento di tutti gli animali che vivono nella foresta in altri siti. A pesare dovrebbe essere anche la rarità delle specie minacciate, dalla percentuale di Natura selvaggia ancora presente nella Nazione ecc ecc.

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