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SEZIONE DIRITTI DEGLI ANIMALI
La questione animale, ovvero il problema di come debba essere orientato il rapporto tra animali umani e animali non umani, è forse il tema più importante relativo agli essere animali, sia perché da come viene affrontato dipendono le condizioni di vita di miliardi e miliardi di animali non umani sia perché in ultima analisi definisce la moralità dell'animale umano e quindi la sua parte più essenziale.

Già in epoca classica diversi (e anche alcuni giuristi come Ulpiano) filosofi i definivano l'animale non umano come un simile dell'animale umano accomunando le due categorie sullo stesso livello, quello della Natura, e condannando pertanto qualsiasi forma di violenza su di essi da parte dell'uomo.

Purtroppo tale visione è stata scarsamente considerata nel corso della storia, complice anche la filosofia delle varie religioni monoteiste che hanno sempre proclamato una supposta superiorità dell'uomo sulla Natura e sugli animali, giustificandone qualsiasi utilizzo. Anche la ottusa concezione di cartesiana memoria degli animali non umani come macchine spinte solo da istinti meccanicistici ha contribuito a tutta una serie di orrori ai danni degli animali. Che stupidaggine!

Oggi la mentalità sociale è cambiata e si riconosce dai più l'identità di sensibilità e socialità tra uomo ed animale. Uomini e animali fanno parte della stessa sostanza che li porta ad avere emozioni, bisogni, desideri, sensazioni e pensieri, i quali sono identici nella loro essenza, variando poi per grado e specificità a seconda delle specie animali.
Ovviamente a livello intellettivo l'animale umano rimane quello piuugrave; dotato ma è comunque una differenza di grado e non di qualità.

Pertanto molte persone si battono perchà venga riconosciuto agli animali lo status giuridico di soggetti di diritto, ossia di esseri senzienti, dotati di coscienza e valore intrinseco al pari dell'uomo. Essere soggetti di diritto significa per gli animali che l'animale non umano nel proprio ordinamento giuridico riconosce di non essere il solo titolare di diritti ma che questi sono in capo ad ogni essere vivente, ognuno con la propria capacità e specificità.

Ad oggi, pur essendo stati fatti passi importanti nella protezione della dignità animale rimangono comportamenti, a volte illegali a volte purtroppo perfettamente legali, che violano in modo aberrante la dignità dell'animale non umano.
Gli esempi più eclatanti sono la caccia e la pesca (catalogati come sport, rivoltante), le corride, gli spettacoli con animali, gli allevamenti intensivi.

Nonostante ormai in quasi tutto il mondo la tutela del benessere animale è un obbligo di legge si assite ovunque a trasgressioni, soprattutto nel campo dell'allevamento, del trasporto animale e della sperimentazione animale.
IL BENESSERE ANIMALE VIENE DISATTESO
Nell'ordinamento giuridico italiano è presente a vario titolo il concetto di benessere animale, richiamato come parametro per indicare il corretto trattamento di qualsiasi animale (non umano) che in quanto essere senziente non deve vivere in condizioni di sofferenza o limitazione.

Prima di arrivare al punto della questione è bene specificare cosa significhi esattamente benessere animale.
È in buona sostanza uno stato psico fisico dove l'animale (non umano) vive senza dolore fisico od emotivo, costrizioni o situazioni contrarie alle proprie necessità etologiche di specie e personali.

Il concetto di benessere animale si è evoluto nel tempo ampliandosi via via. Originariamente concepito come assenza di situazione dolorose fisiche per l'animale (non umano) ha abbracciato anche il campo psichico ed emotivo fino a ricomprendere attualmente non solo l'assenza di situazione negative ma anche la presenza di quelle per cosi dire positive. Ovvero non è sufficiente che un essere vivente senziente sia in uno stato di mancata sofferenza ma deve anche essere in grado di esplicare le sue capacità e bisogni attivi: godere della compagnia dei propri simili se animale sociale, poter dare sfogo ai propri istinti e desideri (come l'esplorazione, il gioco) e cosi via.

Il principio del rispetto del benessere animale è entrato nel nostro ordinamento tramite il diritto europeo (che entra sostanzialmente in maniera automatica a far parte dell'ordinamento italiano) che riconosce nei trattati gli esseri animali (vertebrati) come essere senzienti ed in quanto tali in grado di soffrire e provare emozioni, negative e positive.
Ma anche il nostro codice penale con la penalizzazione del maltrattamento animale che si esplica non solo con azioni ma anche con omissioni relative anche al campo etologiche (e non solo fisico) degli animali (non umani) si riconosce indirettamente il dovere di rispettare il benessere animale. Non a caso si riconosce l'obiezione di coscienza per i ricercatori impegnati nel campo della sperimentazione animale (non umana): nessuna persona (umana) può essere costretta ad infliggere sofferenze (violando cosi di fatto il benessere animale) ad atri esseri senzienti.

Fatte queste grossolane premesse veniamo alla questione affrontata. Molto spesso la stessa legge stabilendo parametri concreti per garantire il benessere animale ne sancisce l'esatto contrario. Facendo un esempio concreto: negli allevamenti la legge stabilisce che lo spazio sufficiente per l'animale (non umano) sia una gabbia di di due/tre quadri! Ovviamente questi parametri di legge sono palesemente contrari al benessere degli animali! Lo stesso accade in molte disposizioni attuative delle leggi che regolano gli allevamenti (ma non solo). È palese l'assurdità di questa situazione. Da una parte le leggi stabiliscono che gli animali (non umani) in quanto esseri senzienti devono essere trattati in modo tale che non venga meno il loro benessere, dall'altro la stessa legge statuisce come lecite situazioni del tutto contrarie a quella! Strano come ancora non si sia riusciti ad invalidare queste disposizioni fattuali, anzi lo stesso giudice dovrebbe non applicarle ritenendole palesemente contrarie alle leggi di cui costituiscono una specificazione pratica.
Per fare un esempio, è come se quando qualche anno fa venendo introdotto il reato di omicidio stradale il legislatore avesse specificato che non costituisce omidicio stradale il guidare bendati e senza mani!
Una volta sancito il principio che il benessere animale non puo venir meno (salvo i casi estremi di macellazione e di sperimentazione dove la legge fa venir meno questo principio) non si può farlo rimanere una scatola vuota, pena l'incoerenza e la credibilità del nostro ordinamento.

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